
PIER GIORGIO FRASSATI
“Egli proclama, con il suo esempio, che è beata la vita condotta nello Spirito di Cristo, Spirito delle Beatitudini…Ripete che vale veramente la pena sacrificare tutto per servire il Signore. Testimonia che la santità è possibile per tutti!...Il gusto del bello e dell’arte, la passione per lo sport e per la montagna, l’attenzione per i problemi della società, non gli impediscono il rapporto costante con l’Assoluto”
(Giovanni Paolo II, Roma 20 maggio 1990)
Pier Giorgio nasce a Torino il 6 aprile 1901. Sua madre Adelaide Ametis era pittrice. Suo padre Alfredo, agnostico, aveva fondato il quotidiano liberale “La Stampa” e ne era proprietario e direttore. Amico di Giolitti, fu senatore del Regno e Ambasciatore in Germania.
Frequenta a Torino, assieme alla sorella Luciana, minore di un anno, la scuola pubblica “Massimo D’Azeglio”. Passa poi all’Istituto Sociale retto dai pp. Gesuiti; s’iscrive alla Congregazione Mariana, all’Apostolato della Preghiera e inizia la pratica della Comunione quotidiana che manterrà per tutta la vita. L’Eucarestia e la Vergine Maria, venerata da lui particolarmente nel Santuario di Oropa e alla Consolata di Torino, diventano i due poli della sua devozione. A 17 anni si iscrive alla Confraternita del Rosario e diventa socio della Conferenza di San Vincenzo, dedicando la maggior parte del suo tempo libero ai poveri, agli ammalati, agli orfani, ai reduci.
Nel 1918 s’iscrive ad Ingegneria industriale mineraria al Politecnico di Torino. “Sarò ingegnere minerario per poter ancor di più servire Cristo fra i minatori”.
Gli studi, che considerava il suo primo dovere, non gli impediscono l’attività politica e sociale. Milita nella FUCI e nella Gioventù Cattolica, il cui distintivo porta sempre all’occhiello.
In contrasto con le idee liberali del padre nel 1920 s’iscrive al Partito Popolare Italiano, appena fondato da Don Sturzo. “La Carità non basta ci vogliono le riforme sociali” diceva impegnandosi in tutt’e due.
La Carità è la nota dominante della vita di Pier Giorgio. Essa non consisteva nel dare qualcosa agli altri, ai soli, ai bisognosi, agli ammalati, agli amici, ma nel dare tutto se stesso. I poveri ed i sofferenti erano i suoi prediletti, anzi erano addirittura i suoi padroni ed egli faceva per loro letteralmente il servo, col fare di chi è persuaso di godere di un privilegio; nelle loro sofferenze onorava la passione di Cristo.
Questa carità era nutrita dalla Comunione quotidiana, dal rosario che portava sempre in tasca, dalle adorazioni notturne, dalle epistole di San Paolo.
Nel 1921 visita il padre ambasciatore in Germania. Qui frequenta circoli di cui fanno parte insieme operai e studenti; quest’esperienza lo entusiasma; propone, senza successo, la fusione della FUCI con la Gioventù Cattolica. A Roma, durante una grande manifestazione della G.C., difende con coraggio la bandiera del suo circolo dall’assalto delle guardie Regie, dalle quali viene fermato.
Nel 1918 s’iscrive al CAI ed alla “Giovane Montagna”. L’alpinismo era una sua grande passione. Le escursioni che organizzava con gli amici “I Tipi Loschi” erano anche occasione di apostolato. Andava a teatro, all’opera, visitava i musei, amava la pittura e la musica.
Gli scritti di Santa Caterina da Siena e gli accesi discorsi di Savonarola, lo spinsero ad entrare nel 1922 nel terz’ordine domenicano col nome di Fra’ Girolamo.
Come suo padre, dal suo nascere riconosce il vero volto del fascismo e gli si oppose, come prima si era opposto alle sopraffazioni dei rossi.
Due mesi prima della laurea, la sua esuberante giovinezza viene stroncata in cinque giorni di sofferenze da una poliomielite fulminante. Muore il 4 luglio 1925, all’età di 24 anni.
La sua ultima preoccupazione sono i poveri; la vigilia della morte, facendo prendere un pacchetto dalla tasca della sua giacca, con la mano semiparalizzata scrive questo biglietto per un confratello della San Vincenzo: “ecco le iniezioni di Converso. La polizza è di Sappa. L’ho dimenticata, rinnovala a mio conto”.
I funerali che furono un vero trionfo, con una folla di gente sconosciuta alla famiglia, hanno rivelato chi veramente era Pier Giorgio.
Il processo di beatificazione ebbe inizio nel 1932. Nel 1981, come ultima tappa del processo apostolico è stata aperta la tomba di Pier Giorgio. I testimoni dell’avvenimento sono rimasti colpiti dal sorriso sul suo volto e dal suo aspetto non cambiato.
Il 20 maggio 1990, in Piazza San Pietro, il Papa beatificava “l’uomo delle otto Beatitudini”, il suo “alpinista tremendo” come lo aveva anche chiamato. Le spoglie mortali venivano trasferite dalla tomba di famiglia nel cimitero di Pollone al Duomo di Torino, dove ora riposano.